Due ricercatori precari italiani trovano la cura contro il cancro e nessuno lo dice

Due studiosi di Urbino il biologo Mirco Fanelli e il chimico Vieri Fusi hanno sviluppato da una sostanza naturale, il maltolo,
contenuta nel malto, nella cicoria, nel cocco, nel caffè una nuova classe di molecole capace di indurre le cellule tumorali ad autodistruggersi. Questo processo chiamato apoptosi che si riscontra sempre in tutte le cellule quando cercando di riparare un eventuale difetto cellulare non vi riescono.





Il maltolo, un additivo naturale dall’odore dello zucchero filato e del caramello spesso viene utilizzato per impartire una fragranza dolce agli aromi. Malten e Maltonis, questi i nomi delle due molecole al momento individuate, capaci di raggiungere l’interno delle cellule fino al nucleo inducendo un importante processo biologico che le conduce ad un vero e proprio suicidio. Fermo restando che il cosiddetto suicidio cellulare o apoptosi si realizza sempre gli studiosi sono riusciti in pratica a programmarlo evitando quindi la replicazione cellulare ed in questo caso di quelle malate.




«Al momento ci siamo incentrati su due molecole specifiche della classe che hanno dimostrato efficacia in vitro su diversi tipi di linee tumorali e di ridurre la massa di un particolare forma tumorale – sarcoma di Ewing – in esperimenti in vivo (topolini NdR)» dichiara all’Urlo Vieri Fusi.




La scoperta è stata resa nota già nel 2013 quando i due ricercatori ottennero il primo brevetto europeo, mentre a settembre del 2015 Fusi e Fanelli hanno visto riconosciuto a livello mondiale la loro scoperta quando hanno ottenuto il brevetto anche negli USA.




«Abbiamo fatto esperimenti in vivo pubblicati nel 2014 e stiamo facendo nuovi esperimenti molto promettenti – sempre con i topolini – ma il tutto abbastanza a rallentatore causa delle poche risorse umane ed economiche – afferma Vieri Fusi – Il problema vero è arrivare ad ottenere dati appetibili per l’industria farmaceutica».




Seppure la ricerca sia molto promettente gli studi finora fatti sono stati eseguiti nei laboratori dei due studiosi con il minimo delle forze che una scoperta del genere meriterebbe. Ci sono molti gruppi di ricerca che lavorano sullo sviluppo di farmaci antitumorali che sono più noti e appartengono a centri più importanti. E seppure il tumore rappresenti una delle cause di morte principale al mondo i finanziamenti pubblici per queste ricerche sono veramente minimi rispetto alla mole di lavoro che si potrebbe fare. D’altro canto l’industria farmaceutica è disposta a finanziare poco sul campo, un’industria farmaceutica che ha il monopolio di un farmaco e che quindi già ci guadagna in esclusiva o quasi, non ha questo grande interesse a svilupparne un altro concorrenziale al precedente anche se potenzialmente più efficace.




Quanto tempo ci potrebbe volere per sviluppare allo stato dell’arte questa cura alternativa? «Se tutto andasse bene, credo che ci vorrebbero non meno di cinque anni ma il fallimento è sempre dietro l’angolo in questo tipo di studi – afferma Fusi – la classe di molecole per ora sembra funzionare attraverso meccanismi diversi da quelli dei classici chemioterapici in uso oggi. Purtroppo il meccanismo ancora non è decodificato con certezza ma la strada di azione sembra essere selettiva su cellule che si moltiplicano velocemente come appunto quelle malate.»


link alle pubblicazioni scientifiche

1 commento:

Marcella ha detto...

Complimenti ma non con topolini. Ci sono tanti pazienti umani con cui sperimentare....

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